
NEW ADDICTIONS
Contemporaneamente la sua perpetua possibilità di contatto non stimola né la capacità di controllare il rinvio della soddisfazione dei bisogni (che si concretizza nell’attesa), né la conseguente creatività che si sviluppa nell’attesa. In tal modo il pensiero lascia posto all’azione e si perpetua la reiterazione del comportamento.

Il gioco d’azzardo patologico è una dipendenza patologica e quindi una malattia neuropsicobiologica con gravi conseguenze sanitarie e sociali che necessita di diagnosi, cura e riabilitazione. Il giocatore patologico è impossibilitato a resistere all’impulso che lo spinge a
giocare. Pur essendo consapevole dei danni che sta causando, pur volendo smettere o quantomeno ridurre l’attività di gioco, non riesce a fare a meno di giocare!
I principali sintomi di questa patologia sono i seguenti:
Una delle conseguenze più gravi di questo tipo di disturbo è la perdita di un sano e soddisfacente rapporto con il proprio spazio di vita, oltre alle significative ripercussioni nei rapporti familiari, lavorativi e sociali.
In considerazione alla crescente diffusione delle situazione problematiche legate all’accumulo compulsivo e all’interesse psicologico suscitato per tale disturbo, negli ultimi 10 anni, è stato recentemente proposto di inserire tale disturbo nel nuovo DSM (Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), V edizione.
I criteri diagnostici proposti per il nuovo ”Hoarding Disorder” (Disturbo da Accumulo) sono i seguenti:
- Persistente difficoltà ad eliminare o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro reale valore
- Tale difficoltà è dovuta ad un forte bisogno di conservare tali beni e/o al disagio associato alla loro eliminazione
- I sintomi risultano nell’accumulo di un gran numero di beni che progressivamente ingombrano zone della casa o del posto di lavoro fino al punto in cui la loro destinazione d’uso non è più possibile. Se tali aree tornano ad essere sgombre è dovuto ad interventi di terzi (ad esempio, familiari, imprese di pulizie, autorità).
- I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione nell’area sociale, lavorativa, o in altre importanti aree di funzionamento (incluso il mantenimento di un ambiente sicuro per sé e per gli altri).
- I sintomi di accumulo non sono dovuti a una condizione medica generale (per esempio, danno cerebrale, malattia cerebrovascolare).
- I sintomi di accumulo non sono ascrivibili ad altro disturbo mentale (per esempio, accumulo a causa di ossessioni dovute a Disturbo Ossessivo-
Compulsivo, diminuzione di energia dovuta a Disturbo Depressivo Maggiore, deliri nella Schizofrenia o altro Disturbo Psicotico, deficit cognitivi nella Demenza, interessi ristretti nei disturbi dello Spettro Autistico, accumulo di alimenti nella sindrome di Prader- Willi).
Risvolti
Livello fisico: l’accumulo progressivo di oggetti nel proprio contesto di vita, è causa di un insoddisfacente rapporto con il proprio corpo e con l’ambiente che lo circonda, fino a portare, nei casi più gravi, ad una mancanza di cure per l’igiene e la salute personale. Le condizioni di vita nel proprio ambiente domestico degenerano progressivamente: si perde la funzionalità degli spazi, gli oggetti si accumulano in modo tale da non poter più essere discriminati ed utilizzati, si vive in un ambiente ostile, fonte continua di angoscia e sofferenza per la persona e per i familiari.
Livello familiare e sociale: molto spesso sono i familiari le persone più motivate ad affrontare il problema e le prime a richiedere un aiuto esterno. La relazioni familiare sono progressivamente compromesse per il continuo fallimento nei tentativi di aiutare la persona che soffre di accumulo compulsivo, “facendola ragionare” o intervenendo dall’esterno per ripulire gli ambienti ingombrati.
La sofferenza ed il disagio coinvolgono tutto il nucleo familiare, specialmente nei casi in cui si condividano gli stessi spazi di vita. L’angoscia vissuta nel proprio ambiente domestico, la vergogna e la paura per la disapprovazione di amici e colleghi, può inoltre, condurre la persona problematica ad allontanarsi ed isolarsi dalla propria rete sociale, perdendo il sostegno e la motivazione al cambiamento per l’incapacità di mantenere rapporti affettivi gratificanti.
Livello psicologico: l’accumulo compulsivo di oggetti è sintomo di uno stato d’equilibrio psicologico alterato ed disfunzionale. L’impossibilità di discriminare gli oggetti posseduti, e di selezionarli per il loro funzionale e reale utilizzo, comporta un’analoga impossibilità di discriminare i pensieri e le idee più funzionali nella propria mente.
Gli stimoli che provengono dall’ambiente che circonda la persona vengono costantemente evitati per l’intenso carico di angoscia che questi evocano, la persona perde la capacità di utilizzare il proprio spazio di vita in funzione dei propri bisogni, anche le necessità più comuni come mangiare, lavarsi, o riposarsi diventano insoddisfacenti.
Lo stato di confusione e caos che agisce nello spazio fisico della persona, si rispecchia nello spazio mentale. I pensieri si sovrappongono, emergono difficoltà di concentrazione ed attenzione ed anche “ il magazzino” della memoria diviene inefficiente. Questo stato fisico ed emotivo prolungato può portare a sentimenti di impotenza e depressione, fino a richiedere il supporto di un trattamento farmacologico.
Terapia
L’intervento multimodale proposto per il disturbo da accumulo compulsivo, come predisposto per le altre patologie compulsive prevede tre fasi di riabilitazione: la valutazione, la motivazione ed il trattamento.
Oltre ai colloqui individuali e la terapia di gruppo, saranno concordati, qualora necessario, degli incontri informativi e di sostegno per e con i familiari.
In seguito ad un’attenta valutazione della problematica presentata, sarà anche impostato un programma di “risanamento” dell’ambiente domestico: un tutor accompagnerà la persona nel lento e difficile abbandono degli oggetti inutili, nella pulizia delle stanze e nel successivo arredo e restauro degli ambienti, finalmente liberi di essere disposti e organizzati per gratificare e beneficiare chi vi abita.

È un disturbo caratterizzato dal bisogno urgente e incontrollabile dell’acquisto, da una tensione
crescente in grado di trovare appagamento solo nell’atto del comprare senza tener conto delle
conseguenze negative, siano esse di natura finanziaria, relazionale o psicologica.
La cosiddetta Dipendenza da Shopping, anche chiamata sindrome da Shopping Compulsivo ha ricevuto una sempre maggiore attenzione soprattutto negli ultimi venti anni, in relazione anche ai numerosi cambiamenti legati all’acquisto (es.: utilizzo di carte di credito, bancomat o prepagate e della modalità di acquisto on line), e al crescente impatto sociale di questo. Se, da una parte, dunque, lo shopping, è un’attività da sempre considerata piacevole, gratificante e socialmente riconosciuta, dall’altra, rappresenta un comportamento a rischio, che può assumere, se perpetuato nel tempo, le caratteristiche della compulsività.
I soggetti che presentano questo disturbo raccontano di provare una tensione crescente ed un impulso incontrollabile che li spinge a comprare senza tener conto delle proprie possibilità finanziarie. Queste persone, in genere donne, cercano negli acquisti una consolazione al loro malessere, a sensazioni di vuoto, noia e solitudine. Il benessere che traggono dall’acquisto, però, dura pochissimo e lascia subito il posto a sensi di colpa e vergogna.
Lo shopping compulsivo a lungo termine è in grado di causare problemi significativi quali, stress, interferenze con il funzionamento sociale e lavorativo, distruzione familiare e coniugale e gravi problemi finanziari.
Risvolti
La sindrome da Shopping compulsivo, alla stregua delle altre new addiction, se non affrontata, può comportare una serie di rischiose conseguenze a più livelli.
- Livello economico. Questo tipo di dipendenza comporta un elevato dispendio economico, considerato che: normalmente il denaro investito negli acquisti effettuati è superiore ed eccessivo rispetto a quello posseduto realmente e che gli acquisti si ripeteranno più volte nell’arco della settimana.
- Livello psicologico. Coloro che soffrono di dipendenza da shopping compulsivo non acquisteranno più per soddisfare un loro reale bisogno materiale, ma per soddisfare il bisogno dell’acquisto vero e proprio, divenuto oramai inderogabile ed imprescindibile.A sua volta il bisogno dell’acquisto sostituisce la mancata soddisfazione di una ulteriore esigenza della persona dipendente, per cui l’impossibilità di compierlo genera ansia e frustrazione. Spesso il dipendente sperimenterà sentimenti di colpa e vergogna in seguito all’acquisto di oggetti che vengono messi da parte, regalati, o comunque tenuti nascosti alla famiglia.
- Inoltre, vengono intaccati, come avviene con il resto delle dipendenze, tutti gli aspetti di vita della persona coinvolta, quali la famiglia, l’attività lavorativa e il contesto sociale di appartenenza.

Come ogni altra innovazione tecnologica, Internet consente sotto molti aspetti un miglioramento nella vita delle persone, ma allo stesso tempo rappresenta anche un pericolo per chi non ne sappia usufruire in maniera adeguata. È assodato che l’uso eccessivo di Internet, porta progressivamente all’assorbimento totale del soggetto, portando alla Internet Addiction Disorder, ovvero la dipendenza da internet.
Secondo Kimberly Young, psicologa statunitense, direttrice del Center for On-
- La dipendenza cyber-
sessuale (o sesso virtuale), in cui soggetti sono dediti allo scambio continuo e alla visione di materiale pornografico, e spesso, sono frequentatori di chat per soli adulti; - La dipendenza da social network (o delle relazioni virtuali), in cui il soggetto si costruisce una rete di relazioni virtuali che vanno a sostituire il tempo e lo spazio dedicato ai rapporti della vita reale, causando problemi nell’ambito familiare, amicale, scolastico o lavorativo;
- Net Gaming, ovvero la dipendenza dai giochi di rete che comprende anche il gioco d’azzardo, l’acquisto compulsivo su aste online, l’utilizzo di casinò ondine, che portano alla perdita di ingenti quantità di denaro e di gran parte delle ore del giorno;
- Sovraccarico cognitivo che implica l’utilizzo smodato di database virtuali, per la raccolta di dati e informazioni, che va ad influire negativamente sul rendimento lavorativo e l’aspetto relazionale;
- Giochi al computer, ovvero la dipendenza dai giochi non rintracciabili su internet, ma accessibili perché parte dei sistemi operativi maggiormente usati.
- Nonostante sia difficile delineare un quadro chiaro e uniforme del disturbo, l’uso incontrollato di internet e la massiva mediazione dei rapporti sociali attraverso strumenti tecnologici può portare ad un vissuto di alienazione ed estraniamento dalla vita reale, alla quale si preferisce quella virtuale.
Come per le altre forme di dipendenza la persona dipendente sperimenta l’impossibilità di controllare i propri impulsi, i segnali d’allarme di questo disturbo sono di varia natura:
- il soggetto trascorre un’ingente quantità di tempo in rete, perdendone la cognizione e non riuscendo a rispettare i limiti autoimposti;
- mostra irritabilità, aggressività e insofferenza quando viene interrotto o quando non ha a disposizione il web;
- sperimenta uno stato di euforia durante la navigazione, notando eccessivo entusiasmo ed eccitazione;
- vorrebbe trascorrere più tempo online e spesso nega di aver passato troppe ore al computer;
- tende ad utilizzare il pc anche in situazioni in cui il contesto non lo permette;
- trascura gli impegni della vita quotidiana (come lo studio, il lavoro, l’igiene personale) eintrattenimenti di altro genere (tra cui le amicizie e altre relazioni);
- è soggetto a “crisi d’astinenza” caratterizzate da ansia, agitazione psicomotoria, movimenti volontari o automatici delle dita, sogni ed ossessioni riguardanti la rete;
- non è in grado di dare informazioni pertinenti e dettagliate riguardo la rete e alle attività svolte on line dimostrandosi, al contrario, evasivo e impreciso.
Risvolti
Livello psicofisico: L’uso prolungato e incontrollato della rete ha un impatto negativo anche a livello psicofisico, provocando irritabilità, aggressività, nervosismo nella condotta di vita, disturbi del sonno, enuresi notturna, inappetenza o malnutrizione, alterazioni del vissuto temporale e spaziale, cognitività totalmente orientata all’uso compulsivo del mezzo. A livello cognitivo, si rimuove la consapevolezza di usare di uno strumento mediatore del rapporto tra persona e contesto di vita, il soggetto di identifica totalmente con l’oggetto, con l’immagine di sé costruita virtualmente, fino a sperimentare l’impossibilità di separarsi dall’oggetto tecnologico.
Livello relazionale: isolamento e perdita di legami affettivi significativi sono gli elementi più problematici della dipendenza da internet. Si sostituiscono gli spazi di vita reali con quelli virtuali:
spesso si verifica una netta scissione tra l’immagine di sé reale, fonte di sofferenza e disagio con quella virtuale, vissuta come appagante e grandiosa per la sensazione, protetta, di poterla controllare.
Adolescenti e nuove tecnologie
Particolare attenzione merita il rapporto dei giovani e degli adolescenti con le nuove tecnologie.
Sebbene l’uso di internet e dei social network sia largamente diffuso nelle nuove generazioni, capita sempre più frequentemente che questo degeneri in situazioni di problematicità e significativo pericolo per lo sviluppo sociale e affettivo dell’adolescente. Anche lo sviluppo corporeo attraversa una fase di ridefinizione della propria identità e di una crescente consapevolezza della propria struttura corporea. Il tempo e lo spazio dedicato al “virtuale” allontanano il ragazzo dall’affrontare il rapporto con il proprio corpo, con le funzioni e sensazioni ad esso connesse, causando di un senso di estraniamento e di scissione da questa parte di sé.
I maggiori sintomi nel comportamento degli adolescenti che sembrano caratterizzare la dipendenza da Internet sono:
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I contesti che maggiormente rischiano di far scivolare verso la dipendenza sono quelli nei quali si attivano processi di interazione e comunicazione con altre persone: mood (comunità virtuali nelle quali si entra a far parte costruendosi un personaggio e interagendo con gli altri) e chat line.
Il rischio maggiore è quello di operare una vera e propria inversione reale/virtuale, considerando l’ambiente virtuale quello “reale”, confondendo la rappresentazione del proprio io “vero” e relegando la realtà ad ambiente accessorio se non addirittura sgradito.
L’adolescenza è, inoltre, una fase cruciale per lo sviluppo di competenze relazionali e sociali che permettano al giovane di costruire criticamente la propria strada verso il mondo adulto e verso relazioni affettive sicure e soddisfacenti. In tale fase di vita, risulta ancor più rilevante intervenire non solo sul “danno” provocato dall’utilizzo prolungato ed incontrollato degli strumenti tecnologici, ma nel fornire adeguati ed alternativi strumenti e competenze relazionali per un costruttivo rapporto con il mondo, proponendo modelli di riferimento adulti in cui sia possibile identificarsi, per sviluppare con successo la propria identità e percezione corporea.

Come ogni altra innovazione tecnologica, Internet consente sotto molti aspetti un miglioramento nella vita delle persone, ma allo stesso tempo rappresenta anche un pericolo per chi non ne sappia usufruire in maniera adeguata. È assodato che l’uso eccessivo di Internet, porta progressivamente all’assorbimento totale del soggetto, portando alla Internet Addiction Disorder, ovvero la dipendenza da internet.
Nel soggetto, dipendente affettivo, avviene una sorta di annullamento della propria personalità, dei propri bisogni e delle proprie esigenze rispetto a quelle di chi si ama. Questi individui vedono nell’altro la fonte di ogni benessere e, pur di mantenere e non rischiare di perdere l’oggetto amato sono disposti a sacrificare qualsiasi bisogno o desiderio personale fino al punto di annullare il proprio Sé.
La differenza tra amore e dipendenza affettiva non sempre è netta, può accadere che i due fenomeni si confondano. La chiave di distinzione sta nel grado di autonomia dell’individuo e nella sua capacità di trovare un senso in se stesso.
I dipendenti affettivi sono persone che da bambini hanno ricevuto il messaggio che non erano degni di essere amati, che i loro bisogni non erano importanti o addirittura sono stati maltrattati sia fisicamente che psicologicamente. Chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere e a beneficiare dell’amore nella sua profondità ed intimità.
Una caratteristica del dipendente affettivo è la difficoltà di riconoscere i propri bisogni e la tendenza a subordinarli ai bisogni dell’altro. Non riescono a prendersi cura di sé, a creare degli spazi per la propria crescita personale perché sempre presi dai problemi del partner.
La seconda caratteristica è un atteggiamento negativo verso il Sé. Queste persone soffrono di un profondo senso di inadeguatezza. Sono convinte che per essere amate devono sempre essere diligenti, amabili, sacrificarsi per l’altro per poter ricevere il suo amore.
Un’altra caratteristica che accomuna tutti i rapporti dei dipendenti da amore è la paura di cambiare.
Impediscono lo sviluppo delle capacità individuali e soffocano ogni desiderio e ogni interesse e ritengono che occupandosi sempre dell’altro la loro relazione diventi stabile e duratura.
Riassumendo i sintomi della dipendenza affettiva sono:
- Ossessione dell’altro
- Paura di perdere l’amore
- Paura dell’abbandono, della separazione
- Paura della solitudine e della distanza
- Paura di mostrarsi per quello che si è
- Senso di colpa
- Senso d’inferiorità nei confronti del partner
- Coinvolgimento totale e vita sociale limitata
- Gelosia e possessività
Risvolti
Livello emotivo. Repressione e incapacità di gestione dei sentimenti e delle emozioni, una vera e propria interruzione della crescita emotiva. Lo sviluppo di sentimenti negativi quali sensi di colpa, vergogna, depressione e perdita di scopi per la propria vita.
Livello cognitivo. Si riscontrano problemi di attenzione, quali, mancanza di concentrazione, di acuità mentale, di vigilanza, ecc.
Livello sociale. Si riscontrano problemi di interazione, incapacità ad aprirsi agli altri, di relazionarsi in maniera intima e di comprendere i propri stati emotivi, pensieri e bisogni; un isolamento progressivo e l’instaurazione di amicizie superficiali o manipolative.

La sexual addiction, cioè dipendenza da sesso, è una relazione malata con il sesso, in tutte le sue
forme. È difficile capire quando si può definire una dipendenza sessuale, poiché il comportamento
sessuale varia da persona a persona.
Alcuni individui hanno, di natura, una pulsione sessuale maggiore di altri, vivendo degli eccessi sessuali; ma sono in grado di controllarli e hanno la capacità di dire di no. I dipendenti sessuali, invece, hanno perso il controllo sulla loro capacità di dire no.
Si parla di sexual addiction, dunque, quando la naturale propensione dell’uomo a vivere la sessualità come manifestazione relazionale, pulsionale e comunicativa, si trasforma in un’attività sfrenata, caratterizzata da un incontrollabile crescendo di desiderio che “deve” essere soddisfatto.
L’attività sessuale, nel caso di sexual addiction, non è più fonte di piacere, bensì, di conforto dal dolore, dallo stress; permette al dipendente di prendersi cura di sé, diventa il bisogno primario, cui consegue il sacrificio del resto degli aspetti di vita precedentemente considerati prioritari: la famiglia, gli amici, la salute, la sicurezza, il lavoro, le relazioni affettive. Il sesso diventa inevitabile, non badando né alle circostanze né alle conseguenze.
Lo sviluppo della dipendenza sessuale è simile a quello delle altre dipendenze con un progressivo aumento dello stimolo, energia utilizzata per la ricerca di eventi sessuali, sviluppo della tolleranza e sintomi di astinenza (psichica).
Risvolti
Come tutte le dipendenze, comportamentali e da sostanza, anche la Sexual Addiction comporta delle conseguenze a più livelli:
- Livello fisico: disfunzioni sessuali, quali, ad esempio, disfunzione erettile ed eiaculazione precoce o ritardata; malattie veneree, a volte mortali, in quanto, spesso coloro che soffrono di dipendenza sessuale, hanno rapporti sessuali non protetti, non essendo consapevoli e non tengono conto dei rischi legati a questo tipo di situazioni.
- Livello economico: questo tipo di dipendenza spesso porta colui o colei che ne soffre ad avere rapporti sessuali, o contatti telefonici a pagamento, attività queste, che a lungo termine, comportano un grave dispendio economico.
- Livello lavorativo: il dipendente sessuale, con il tempo e l’aggravarsi della patologia tenderà ad assentarsi dal lavoro sia fisicamente che mentalmente.
- Livello psicologico ed affettivo: il dipendente sessuale, progressivamente, tenderà ad allontanarsi dalla famiglia, dal coniuge, dagli amici, da qualsiasi tipo di attività ricreativa, provando, sempre di più, sentimenti di vergogna, di disprezzo di sé, di impotenza, solitudine. Avrà inoltre paura dell’intimità e inizierà a vivere il rapporto sessuale, di per sé, in maniera spersonalizzante e degradante.

La comunicazione tramite cellulare può portare a sviluppare un’autentica dipendenza quando diventa l’unica capacità di mettersi in relazione con gli altri.
Contemporaneamente la sua perpetua possibilità di contatto non stimola né la capacità di controllare il rinvio della soddisfazione dei bisogni (che si concretizza nell’attesa), né la conseguente creatività che si sviluppa nell’attesa. In tal modo il pensiero lascia posto all’azione e si perpetua la reiterazione del comportamento.

Tutte le persone, in genere, lavorano per poter guadagnarsi da vivere e mangiare. Tuttavia, questo comportamento, considerato normale, può diventare una dipendenza quando non ha più una funzione di sopravvivenza, ma ci aiuta a superare mancanze esistenziali e problemi familiari
Si parla così work addiction
(o workaholism), cioè la dipendenza da lavoro che appartiene alla categoria delle dipendenze non legate a sostanze e per questo, spesso le viene data meno importanza. Ci sono similitudini con le altre dipendenze, quali l’autodistruzione fisica, psichica e sociale. Tuttavia, non sempre il “tanto lavoro” ed il “piacere nel lavoro”, possono essere definiti come dipendenza. Il passaggio da un comportamento normale ad uno compulsivo patologico, è diviso in tre fasi:
Fase iniziale:
caratterizzata da uso, abuso ed piacere. Il pericolo inizia in modo innocuo e lo stile di vita viene mimetizzato dal lavoro. La persona inizia a lavorare di nascosto, nel tempo libero lavora o legge materiale riguardante il lavoro e lo stile di vita diventa frettoloso. Pensa solo al lavoro, trascurando la famiglia ed altri interessi. In questo stadio, non è possibile individuare evidenti disturbi fisici (mal di testa, mal di stomaco e disturbi cardiaci o circolator) o psichici (esaurimento, leggere depressioni, disturbi della concentrazione). Il dipendente si dedica sempre più al lavoro poiché le sue forze lavorative sembrano inesauribili, ignorando però questi problemi.
Fase critica:
caratterizzata da abuso, comportamento evasivo ed assuefazione. È possibile capire se si tratta di dipendenza oppure abuso del lavoro. La persona, non smette più di lavorare, trova scuse per giustificare il suo lavorare troppo, accumula lavoro e si sente inutile se non è sotto pressione. Essere commiserato dagli altri a causa del tanto lavoro, fa diminuire i sensi di colpa e rafforza l’autostima, aumenta un comportamento aggressivo e impaziente verso i colleghi di lavoro. In questo stadio sintomi fisici (pressione alta, ulcera e depressioni) sono così gravi, da richiedere interventi medici, interrompendo il lavoro. Tuttavia, le vere cause della sofferenza non sono trattate.
Fase cronica:
caratterizzata dall’assuefazione e la dipendenza. Questa fase è caratterizzata da lavoro notturno, feriale e festivo. Il dipendente tratta con durezza ed ingiustizia i colleghi che non condividono il suo stile, manca di rispetto alla concorrenza e rinuncia alla vita privata. Il dipendente si sente vivo solo grazie alla sua attivitá professionale, gestendola in modo tale da non dover smettere mai di lavorare, togliendo sempre più ore di sonno arrivando anche giorni interi senza chiudere occhio; ciò porta ad un rendimento povero.

Il disturbo da accumulo compulsivo, o Disposofobia, è caratterizzato dalla tendenza incontrollabile ad accumulare oggetti e dalla successiva incapacità nel disfarsene.
Una delle conseguenze più gravi di questo tipo di disturbo è la perdita di un sano e soddisfacente rapporto con il proprio spazio di vita, oltre alle significative ripercussioni nei rapporti familiari, lavorativi e sociali.
In considerazione alla crescente diffusione delle situazione problematiche legate all’accumulo compulsivo e all’interesse psicologico suscitato per tale disturbo, negli ultimi 10 anni, è stato recentemente proposto di inserire tale disturbo nel nuovo DSM (Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), V edizione.
I criteri diagnostici proposti per il nuovo ”Hoarding Disorder” (Disturbo da Accumulo) sono i seguenti:
- Persistente difficoltà ad eliminare o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro reale valore
- Tale difficoltà è dovuta ad un forte bisogno di conservare tali beni e/o al disagio associato alla loro eliminazione
- I sintomi risultano nell’accumulo di un gran numero di beni che progressivamente ingombrano zone della casa o del posto di lavoro fino al punto in cui la loro destinazione d’uso non è più possibile. Se tali aree tornano ad essere sgombre è dovuto ad interventi di terzi (ad esempio, familiari, imprese di pulizie, autorità).
- I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione nell’area sociale, lavorativa, o in altre importanti aree di funzionamento (incluso il mantenimento di un ambiente sicuro per sé e per gli altri).
- I sintomi di accumulo non sono dovuti a una condizione medica generale (per esempio, danno cerebrale, malattia cerebrovascolare).
- I sintomi di accumulo non sono ascrivibili ad altro disturbo mentale (per esempio, accumulo a causa di ossessioni dovute a Disturbo Ossessivo-
Compulsivo, diminuzione di energia dovuta a Disturbo Depressivo Maggiore, deliri nella Schizofrenia o altro Disturbo Psicotico, deficit cognitivi nella Demenza, interessi ristretti nei disturbi dello Spettro Autistico, accumulo di alimenti nella sindrome di Prader- Willi).
Risvolti
Livello fisico: l’accumulo progressivo di oggetti nel proprio contesto di vita, è causa di un insoddisfacente rapporto con il proprio corpo e con l’ambiente che lo circonda, fino a portare, nei casi più gravi, ad una mancanza di cure per l’igiene e la salute personale. Le condizioni di vita nel proprio ambiente domestico degenerano progressivamente: si perde la funzionalità degli spazi, gli oggetti si accumulano in modo tale da non poter più essere discriminati ed utilizzati, si vive in un ambiente ostile, fonte continua di angoscia e sofferenza per la persona e per i familiari.
Livello familiare e sociale: molto spesso sono i familiari le persone più motivate ad affrontare il problema e le prime a richiedere un aiuto esterno. La relazioni familiare sono progressivamente compromesse per il continuo fallimento nei tentativi di aiutare la persona che soffre di accumulo compulsivo, “facendola ragionare” o intervenendo dall’esterno per ripulire gli ambienti ingombrati.
La sofferenza ed il disagio coinvolgono tutto il nucleo familiare, specialmente nei casi in cui si condividano gli stessi spazi di vita. L’angoscia vissuta nel proprio ambiente domestico, la vergogna e la paura per la disapprovazione di amici e colleghi, può inoltre, condurre la persona problematica ad allontanarsi ed isolarsi dalla propria rete sociale, perdendo il sostegno e la motivazione al cambiamento per l’incapacità di mantenere rapporti affettivi gratificanti.
Livello psicologico: l’accumulo compulsivo di oggetti è sintomo di uno stato d’equilibrio psicologico alterato ed disfunzionale. L’impossibilità di discriminare gli oggetti posseduti, e di selezionarli per il loro funzionale e reale utilizzo, comporta un’analoga impossibilità di discriminare i pensieri e le idee più funzionali nella propria mente.
Gli stimoli che provengono dall’ambiente che circonda la persona vengono costantemente evitati per l’intenso carico di angoscia che questi evocano, la persona perde la capacità di utilizzare il proprio spazio di vita in funzione dei propri bisogni, anche le necessità più comuni come mangiare, lavarsi, o riposarsi diventano insoddisfacenti.
Lo stato di confusione e caos che agisce nello spazio fisico della persona, si rispecchia nello spazio mentale. I pensieri si sovrappongono, emergono difficoltà di concentrazione ed attenzione ed anche “ il magazzino” della memoria diviene inefficiente. Questo stato fisico ed emotivo prolungato può portare a sentimenti di impotenza e depressione, fino a richiedere il supporto di un trattamento farmacologico.
Terapia
L’intervento multimodale proposto per il disturbo da accumulo compulsivo, come predisposto per le altre patologie compulsive prevede tre fasi di riabilitazione: la valutazione, la motivazione ed il trattamento.
Oltre ai colloqui individuali e la terapia di gruppo, saranno concordati, qualora necessario, degli incontri informativi e di sostegno per e con i familiari.
In seguito ad un’attenta valutazione della problematica presentata, sarà anche impostato un programma di “risanamento” dell’ambiente domestico: un tutor accompagnerà la persona nel lento e difficile abbandono degli oggetti inutili, nella pulizia delle stanze e nel successivo arredo e restauro degli ambienti, finalmente liberi di essere disposti e organizzati per gratificare e beneficiare chi vi abita.